Le politiche rivolte ai sistemi produttivi locali di piccola e media impresa (PMI) rispondono all’esigenza di fronteggiare le sfide che, a partire dagli anni Ottanta, tali sistemi locali devono affrontare nel contesto di un’economia sempre più globalizzata. Mantenersi in un mercato internazionale, per una piccola impresa, comporta infatti un continuo processo di innovazione di tipo organizzativo che deve essere sorretto da informazioni pertinenti, aggiornate e tempestive. Per far fronte a tali esigenze è necessaria innanzitutto un’riformulazione in senso territoriale della politica industriale e delle iniziative volte a fornire servizi di sostegno allo sviluppo delle piccole e medie imprese locali.
Questo tipo di servizi reali, intesi come “bene pubblico per la competitività”, consiste in una vasta gamma di servizi volti ad incidere direttamente sulle variabili strategiche di aggiustamento strutturale delle imprese, che va dalle tecnologie dell’informazione, alla ricerca e sviluppo; dalla formazione professionale al controllo della qualità, ma attiene anche all’offerta di infrastrutture logistiche, come i trasporti, le poste, le telecomunicazioni, le fiere.
La letteratura e la normativa distinguono i distretti industriali manifatturieri dal fenomeno più generale dei sistemi produttivi locali, o cluster, che possono riguardare anche altri ambiti produttivi, come per esempio quello agroalimentare, o quello turistico.
Poiché in una economia globale la competizione non è più tra singole imprese ma tra sistemi locali, la rilevanza della dimensione politica orientata allo sviluppo sembra giocarsi ora, essenzialmente, nella capacità di attivare risorse locali che siano in grado di costruire un sistema locale coeso al suo interno e competitivo verso l’esterno, evitando i rischi di una chiusura localistica. Le differenze di culture di governo locali costituiscono, quindi, un elemento che può fare ora la differenza per la sostenibilità di modelli locali di sviluppo di PMI diversamente regolati.
Con particolare attenzione al caso italiano, vendono considerate in questa linea di ricerca le politiche per lo sviluppo dei sistemi locali di piccola impresa, come i distretti industriali storici, tradizionalmente regolati da una rete di governance locale di tipo essenzialmente comunitario, soprattutto nell’area del Nord-Est, a differenza dell’area del Centro, in cui la tradizione amministrativa del “socialismo municipale” ha favorito una cultura di governo locale interventista.
Nel contesto dell’UE, caratterizzato dal 98% di piccole e medie imprese, il ruolo giocato dalla regolazione politica regionale per queste aree diventa di cruciale importanza e consente di individuare alcune variabili chiave quali: le modalità di governo dei beni pubblici locali; la relazione tra stile amministrativo e tipi di politiche prevalenti (distributive, redistributive) e, soprattutto, la capacità delle Regioni sia di implementare sul territorio politiche europee a sostegno delle piccole imprese, sia di garantire nuove forme di rappresentanza politica ai sistemi produttivi locali in Europa
Nel caso italiano, a partire dalla fine degli anni Novanta (in applicazione delle L. 317/1991 e L. 140/1999), le politiche per i sistemi produttivi locali son state regionalizzate, pertanto ogni regione ha attivato normative e politiche specifiche sul tema.
Le ricerche sulla sfida dell’internazionalizzazione ai distretti industriali e il riposizionamento de distretti industriali nelle catene globali del valore vengono realizzate nell’ambito del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali “Marco Fanno” a cui si rimanda: Distretti Industriali nelle Catene Globali di Valore (DiG)